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MATERIE PRIME MONOPOLIO CINESE E CHIUSURE IN SARDEGNA, L’OCCIDENTE INDIETREGGIA

L’OCCIDENTE INDIETREGGIA

Ciao Chioggia Azzurra, siamo giunti all’epilogo anche dell’ultimo tentativo di salvare la produzione di metalli non ferrosi a Porto Vesme, in Sardegna. La Glencore, società anglo-svizzera, chiude la linea dello zinco dopo aver già interrotto quelle del piombo e del litio. In passato, questo polo industriale era gestito dalla Nuova Samim, società di proprietà ENI nata dalla fusione con la lombarda Tonolli.

Una dopo l’altra, tuttavia, tutte le attività legate ai metalli non ferrosi in Italia sono state chiuse o cedute. La lavorazione e l’estrazione di questi materiali, pur essendo ad alto impatto ambientale e spesso al centro di polemiche sociali costruite ad arte, non può essere semplicemente sostituita con l’importazione da Paesi dove lo sfruttamento delle risorse e della manodopera avviene senza regole.

Un caso emblematico della nostra perdita di know-how è stata l’esperienza dell’estrazione di oro e rame nel comune di Furtei, in Sardegna. Per vincere le guerre (economiche o belliche), sono fondamentali le materie prime, soprattutto i metalli strategici.

Oltre all’acciaio, servono elementi come l’antimonio (di cui la Cina, maggior produttore, ha bloccato le esportazioni), rame, terre rare, tungsteno, zinco, cadmio, litio, germanio, gallio e silicio. Le guerre in Ucraina e Israele hanno evidenziato le contraddizioni delle politiche occidentali di globalizzazione “ecologica”. 

La strategia del "no" alle produzioni inquinanti e complicate, combinata con la rivoluzione verde rimandata finché si possono importare metalli da Paesi con pochi scrupoli ambientali, è insostenibile. Se c’è qualcosa che la Seconda Guerra Mondiale ci insegna, è che fu vinta grazie alla capacità produttiva degli Alleati di accaparrarsi acciaio e metalli pregiati.

Allo stesso modo, la Guerra Fredda fu vinta da Reagan grazie all’innalzamento della posta tecnologica nella corsa allo spazio. Oggi, però, la Cina detiene il monopolio di quasi tutte le materie prime strategiche. Già 80 anni fa, i generali di Hitler avevano intuito l’importanza del tungsteno, accaparrandosi la produzione cinese e portoghese.

Grazie a questo metallo, i proiettili dei Tiger Tank perforavano come burro le corazze dei carri armati inglesi. Oggi, le guerre commerciali dipendono dagli stessi metalli strategici: senza terre rare, silicio, grafite, germanio e gallio, non si producono microchip né tecnologia spaziale.

Confidiamo nel Critical Raw Material Act proposto dall’UE, ma la chiusura di Porto Vesme, in spregio alle trattative avviate e alle proposte concrete del Ministero del Made in Italy, non è certo un buon segnale.

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